Troppa fiducia = nessuna fiducia

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Martina era disperata. Quella foto le pesava troppo: alla fine aveva deciso di parlarne alla mamma. Laura ascoltò attentamente la confessione della figlia. Erano passati sei mesi, ormai.

«Quel ragazzo che mi piaceva, ricordi?»

«Ale, certo, ne parlavi in continuazione, ha un anno più di te, ora sarà al liceo, vero?»

«Sì. Ecco, prima dell’estate gli ho inviato una foto. Di me. Dalla pancia in su, senza maglietta, senza nulla.»

«Anche il viso?», chiese Laura.

«Sì. La mia amica Fede insisteva, che lo fanno tutte. Anche lei. Così l’ho mandata, solo a lui. Gli ho chiesto subito di cancellarla. Mi ha detto che l’aveva fatto. Invece una settimana fa è arrivato Marco, quello che è in classe con me. Mi ha detto, ho visto le tue tette. Sono su un canale Telegram. Mamma, puniscimi, ho sbagliato, lo so. Ma aiutami a cancellare la foto! Non dirlo a papà, ti prego!»

Laura era esterrefatta. Da una parte era sollevata: Martina le aveva parlato, finalmente! Sentiva che qualcosa non andava, ora era tutto chiaro. Ma non sapeva cosa fare. Si potrà cancellare la foto? Chiese consiglio a Francesca, un’amica smanettona, un’esperta vera. Risposta categorica: no. Non si poteva tornare indietro. Soprattutto sui canali criptati come Telegram. Ammesso e non concesso che si riuscisse a far chiudere il canale, cosa per nulla scontata e che comportava una denuncia per pedopornografia alla piattaforma fornitrice del servizio, «gratuito»… rimaneva il fatto che chiunque poteva aver scaricato quell’immagine sul proprio smartphone o computer, per poi rimetterla in circolazione successivamente.

Il padre di Martina era furioso, voleva rivolgersi alla Polizia Postale. Anche se erano separati da anni, Laura aveva ritenuto opportuno avvisarlo. Avevano sempre gestito insieme le difficoltà. Francesca, l’amica smanettona di Laura, si era subito detta contraria:

«Cosa accadrà, pensaci bene!», disse all’amica. «Martina dovrà ripetere più e più volte tutta questa brutta storia a degli estranei, in divisa perdipiù… e c’è da scommetterci, il primo commento sarà: dopotutto, sei tu che ti sei fotografata, ragazzina. Come mai? E lei, signora, bella educazione, una figlia tredicenne che invia foto su Internet!»

«Cosa suggerisci, allora?», chiese Laura. «Non si può entrare nel server, cancellarle, la foto di Martina e tutte le altre? Ce ne sono un sacco, di foto illegali, è terribile, un’oscenità!», Laura era davvero agitata.

«Hai ragione», replicò Francesca. «Ma a te cosa interessa di più? Che Martina stia bene e non subisca ripercussioni, giusto? Secondo me, la prima cosa è ricostruire l’accaduto, e non da soli. Dopotutto, il vero problema non è la foto: è la diffusione della foto, il tradimento della fiducia. Andate a parlarne con i genitori del ragazzino», suggerì l’amica. «Cercate di capire cosa è successo. Quel che è fatto, è fatto. Ma che non si ripeta.»

Dopo un primo momento di incredulità, i genitori di Ale acconsentirono a incontrarsi per discutere dell’accaduto. Martina non aveva voluto esserci, meglio così: aveva già subito fin troppa esposizione. Il ragazzino si prese una bella lavata di capo, ma almeno chiese scusa. Vuotò il sacco fra le lacrime, e saltò fuori che c’era anche un altro amichetto coinvolto, che frequentava canali pieni di foto equivoche e hard, su Telegram e non solo; per questo una denuncia contro ignoti venne spiccata in ogni caso, da parte dei genitori di Ale, e venne fatto un esposto alla piattaforma per rimuovere i contenuti pornografici.

Martina imparò la lezione. Dopo quella vicenda ripeteva spesso alle sue amiche: non fatevi menare per il naso. State attente a voi. E se succede qualcosa, ditemelo, diciamocelo. Siamo sulla stessa barca. Non siamo noi che ci dobbiamo vergognare: sono questi schifosi che tradiscono la nostra fiducia, e quelli che vanno a cercare questo genere di cose, persone che dicono di essere nostri amici!

Troppa fiducia uguale nessuna fiducia.

Capire

Ogni giorno nascevano nuovi modi di comunicare e nuovi social. La prima preoccupazione di genitori e adulti in genere era spesso legata all’uso fraudolento o da parte di malintenzionati di questi canali. Si moltiplicavano perciò i proclami allarmistici, come se i minori fossero automaticamente in pericolo mortale non appena connessi in Rete.

D’altra parte, erano quasi sempre quegli stessi genitori e adulti che fornivano ai più giovani i dispositivi per connettersi in ogni momento, insistendo spesso perché fossero reperibili sempre e comunque. Queste due tendenze, la demonizzazione dello strumento che potrebbe far cadere il minore «nelle mani sbagliate» e l’esaltazione della connessione continua, erano evidentemente in contraddizione profonda. E rivelavano un altrettanto profondo malinteso.

I social non erano affatto lo specchio della società, come spesso si sentiva dire. Offrivano piuttosto uno specchio deformato delle persone che li utilizzavano, in cui si alternavano l’ansia di prestazione, il timore di non essere all’altezza, il voyeurismo morboso, l’angoscia di sentirsi spiati, la vergogna di essere derisi, il desiderio di non essere diversi dagli altri, la speranza di distinguersi dalla massa. Erano strutturati in modo da esaltare il narcisismo e l’esibizionismo. Favorivano comportamenti avventati e automatismi comportamentali. Tendevano a rendere «pubblica», nel senso di «pubblicata», qualsiasi informazione, anche la più confidenziale. Senza far differenze.

Al di là di terribili episodi di cronaca nera in cui delinquenti sconosciuti approfittavano dell’ingenuità e della buona fede dei minori, la stragrande maggioranza dei problemi legati alla diffusione di materiali intimi o personali era dovuta ad amici o presunti tali. In ogni caso a persone che erano vicine ai ragazzi, molto spesso coetanei. Imparare a concedere la propria fiducia in maniera selettiva e non automatica era il primo, fondamentale passo.

Buone pratiche

Quando siamo connessi in Rete, ricordare sempre:

  • ogni foto, messaggio, audio o video inviato a qualcuno può essere diffuso al di là del destinatario.
  • ogni foto, messaggio, audio o video inviato può essere copiato: rimarrà per sempre in circolazione.

Se qualcosa va storto, ricordare che:

  • per quanto grave ci sembra, per quanto possiamo essere impauriti e sconvolti, non è la fine del mondo
  • per quanto pensiamo di essere i primi a subire una cosa terribile, disgraziatamente è successo anche ad altri: e siccome non siamo gli unici significa che non siamo nemmeno da soli!
  • parlarne con qualcuno di più adulto ed esperto è importante, ma non è detto che gli adulti abbiano sempre ragione: potrebbero volerci forzare in una direzione che ritengono giusta ma che ha un costo emotivo eccessivo
  • è nei momenti di difficoltà che si rivelano i veri amici

Per gli adulti che devono affrontare situazioni difficili, è bene ricordare che non è il controllo maggiore a diminuire i pericoli, bensì la corretta valutazione dei rischi. Un pericolo è l’esposizione a un evento ignoto, non si può valutare; il rischio invece si può valutare. Fidarsi è un comportamento rischioso, ma essenziale per imparare a tessere relazioni sane; affidarsi ciecamente e automaticamente solo perché lo fanno tutti è un comportamento pericoloso, da evitare in ogni caso.

Dal punto di vista legale, è quasi sempre molto difficile o addirittura impossibile risalire a responsabilità penali di un qualche tipo. Di solito infatti abbiamo a che fare con servizi offerti da multinazionali in diverse lingue e diversi paesi soggetti a legislazioni eterogenee, con molti intermediari. Inoltre la rimozione di contenuti offensivi, anche se talvolta possibile, non risolve il problema alla radice, ma si limita a cancellare quei contenuti da alcuni dispositivi.

D’altra parte, se non ci fosse una richiesta di oscenità, difficilmente l’oscenità troverebbe diffusione. Avere il coraggio di denunciare i fruitori, in primo luogo alla cerchia di conoscenze e frequentazioni, contribuisce in maniera determinante a non percepirsi come vittime.

La parola alla social media manager

«Io uso Snapchat, non mi fregano a me!». Ancora una volta, troppa fiducia: questa volta nella tecnologia.

Il servizio originario offerto da Snapchat consentiva semplicemente di inviare un selfie dal proprio dispositivo mobile a un altro utente Snapchat, con la certezza che il messaggio si sarebbe cancellato automaticamente nel giro di pochi secondi. Forti di questa sicurezza, furono in molti a inviare immagini intime «tanto poi si cancellano». Falso. Sì, normalmente accade così, ma è sempre possibile aggirare i sistemi di sicurezza, per esempio utilizzando un altro telefono per riprendere il messaggio che scomparirà, o facendo uno screenshot dell’immagine.

Lo stesso valeva per le Instagram Stories e per qualsiasi altro contenuto programmato per scomparire dopo un determinato lasso di tempo.