Una cosa nell’internet delle cose

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L’automazione del quotidiano

Giuseppe correva nel parco, si sa che fa bene correre nel parco. Così si diceva. Soprattutto da quando era diventata un’esperienza unica, su misura, personalizzata per ogni utente smaliziato come Giuseppe. Il suo smartwatch ultima generazione era così furbo che i sensori di cui era dotato erano in grado di rilevare e misurare non solo la sua frequenza cardiaca e respiratoria, ma anche, grazie a un igrometro, il suo stato di idratazione. Registrava questo prezioso dato, estratto dal sudore di Giuseppe, e lo confrontava in tempo reale con quello di altri runner. C’era un’apposita app con la quale era possibile salire anche parecchio in classifica, con relativamente poco sforzo, e ottenere un badge per accedere al livello pro!

Per poter entrare nel gioco della misurazione reciproca, ovviamente l’orologio furbo era connesso a Internet, non direttamente, ma tramite lo smartphone che alloggiava nella sua fascia dorsale aerodinamica. Le telecamere lungo il percorso, oltre a sorvegliare il parco (per la sua sicurezza, se ne sentivano di tutti i colori!), si preoccupavano di immortalare le sue falcate, e di postare sui profili social le pose migliori, accuratamente selezionate proprio dal suo telefono, il dispositivo più furbo di tutti.

Lui, il telefono, era in perenne attività. Giuseppe lo considerava ben più della sua rubrica o della sua segretaria: era un consigliere, un amico, un secondo cervello ben più prestante del suo, a volte! Di certo più preciso: controllava gli investimenti, inviava in auricolare le ultime notizie personalizzate, monitorava le telecamere a casa e in ufficio, gettava un occhio agli account social dei suoi figli e dei loro amici e gli notificava movimenti sospetti, frequentazioni non certificate dal database «amici e conoscenti». Con i ragazzini è così, non si sa mai cosa combinano, perciò liberi sì, senz’altro: ma meglio tenerli d’occhio! Così pensava Giuseppe.

Naturalmente lo smartphone controllava anche i profili dei suoi amici e colleghi, a cui faceva filtrare i contenuti migliori, meglio di come li avrebbe selezionati lui stesso. Si ricordava di tutti i compleanni, di tutti gli anniversari, di tutte le ricorrenze. Anche di quelle che riguardavano i concorrenti, così non mancava di andare a stuzzicare e rinfocolare vecchie rivalità, un post sulle vacanze da sogno che lo aspettavano, un altro su quel contratto strappato a quei poveracci della concorrenza, niente di crudele, ma era bene mantenere le cose in chiaro. E poi, si sa: tanti nemici, tanto onore!

Ma lo smartphone non era solo social: era anche un vero e proprio aiutante domestico, anzi, l’organizzatore di tutto. Aggiornava i backup dei suoi vari dispositivi. Pagava le bollette con una regolarità che solo i cervelli elettronici possono avere. Ordinava al robot aspirapolvere di dare una passata in cucina e in salotto. E intanto che c’era, per non rimanere con i circuiti inattivi, si connetteva alla lavatrice IoT e faceva partire un ciclo di lavaggio proprio nel momento perfetto, quando il sole era alto e la produzione dei pannelli fotovoltaici sul tetto di casa era ottimale. E regolava tutti gli altri consumi, anche i consumi del frigorifero…

«Attenzione! Ti stai disidratando» notificò lo smartwatch al polso. Il telefono non perse tempo, richiamò l’ultimo inventario del frigorifero, ma a quanto pare c’era disponibile solo una mezza lattina della sua bevanda preferita. Inoltre Giuseppe aveva espresso il desiderio, nella wishlist di uno dei portali acquisti a cui era abbonato, di provare l’ultima fuffacola special, con livelli di sali minerali personalizzati in base al profilo social.

Fortunatamente il frigorifero era un nuovo modello IoT, Internet of Things, connesso direttamente al portale in questione. Senza perder tempo a consultarlo, acquistò una fuffacola personalizzata usando i suoi criptocrediti, si fece passare le sue coordinate GPS dal telefono e le comunicò al portale. Qualche secondo più tardi, una volta effettuata la transazione e i controlli dovuti, partì il drone inviato dal magazzino del portale più vicino a lui. Lo agganciò sul percorso nel giro di qualche minuto e sganciò la lattina, in plastica infrangibile. L’auricolare intonò un: «in arrivo!». Giuseppe si fermò un secondo, alzò lo sguardo, giusto in tempo per afferrare la lattina. Fenomenale! Ah, che meraviglia, l’Internet degli Oggetti!

A casa, l’acqua della doccia era alla temperatura perfetta. Si regolava sui parametri dello storico delle sue docce, che il telefono aggiornava continuamente in base alla dieta indicata dal suo personal trainer e validata dal Portale Salute e dalla sua assicurazione. Serviva ben a qualcosa profilare tutto in ogni momento! Ogni dato estratto dal soggetto veniva utilizzato per massimizzare l’esperienza di consumo. Altro che perder tempo a valutare, soppesare, decidere. Se sudi, hai sete, e vuoi la fuffacola ora: fine della faccenda.

Improvvisamente, un pensiero balenò nella mente di Giuseppe. Era il caso di buttarla, quella mezza lattina che gli ingombrava solo il frigo, gli pareva di ricordare una notifica per cui con il frigo senza concorrenti gli avrebbero regalato una fuffacola in più, al prossimo acquisto!

«Attenzione. Il credito non è sufficiente per aprire. Prego, selezionare un video. Potrai saltare gli annunci pubblicitari fra 9’’, 8’’, 7’’…»

Ma che stava succedendo? Doveva essere un equivoco. Il frigorifero non voleva aprirsi perché sosteneva che Giuseppe non aveva abbastanza crediti. D’altra parte il frigorifero non era suo. Come gran parte dell’arrendamento intelligente di casa era un terminale senziente del Portale Acquisti, che glielo aveva piazzato a casa senza obbligo d’acquisti, in cambio di un abbonamento ridicolo. Tra l’altro il tecnico diceva che si preoccupava da solo anche degli aggiornamenti firmware e di tutto il resto, quindi era sicuro al 100% da eventuali intrusioni. Sì però a quanto pare non voleva aprirsi! E ora, Giuseppe doveva sorbirsi un video sullo schermo del suo frigo, che non era neanche in 4k, un video preso chissà dove, tutto per poter accumulare qualche spicciolo e convincerlo ad aprirsi? Ma già, il frigo non era suo, quindi o lo pagava o aspettava e pagava guardandosi il video. La cosa lo irritò parecchio. Meglio andare a farsi un giro.

«Attenzione. Il credito non è sufficiente per aprire. Prego, selezionare un video. Potrai saltare gli annunci pubblicitari fra 9’’, 8’’, 7’’…»

Dannazione, anche lo schermo incorporato sulla porta di casa era deciso a infastidirlo. D’altra parte erano tutti oggetti intelligenti, connessi fra loro, e se non aveva credito… Forse era meglio che si guardasse quei maledetti video.

Capire: IoT / Internet of Things / Internet delle Cose

L’IoT è l’interconnessione tramite la rete Internet di oggetti, spesso dotati di sensori: telecamere, microfoni e altri apparati di sorveglianza; oppure elettrodomestici (lavatrici, frigoriferi, caldaie, fornelli); parti di abitazioni (porte, cancelli, finestre); apparati per la produzione di energia elettrica (pannelli fotovoltaici, pale eoliche, turbine); automobili, robot industriali, droni, beni di consumo anche alimentari, capi di vestiario e così via.

Criceti sulla ruota del consumo?

L’automazione è una gran bella invenzione. Consente di risparmiare tempo ed energie altrimenti impiegate per compiti ripetitivi e noiosi. Le tecnologie per realizzare l’automazione del quotidiano avevano rapidamente modificato il modo in cui le persone si relazionavano fra loro e con gli oggetti attorno a loro, con l’obiettivo dichiarato di creare sistemi perfettamente coordinati e integrati fra loro. Il primo passo era stato la profilazione*, seguito a ruota dalle tecniche di gamificazione* per aumentare sempre più la rapidità delle interazioni e renderle fluide. Si parlava infatti di mercato liquido, un mercato perfetto, senza attriti, sogno del libertarianesimo*, in cui ogni interazione veniva misurata, quantificata, valutata e quindi era passibile di essere comprata o venduta.

L’Internet delle Cose era fatta di apparecchi per l’automazione delle case private e degli edifici pubblici, la cosiddetta domotica; di circuiti RFID a radiofrequenza incorporati nei vestiti che comunicavano fra loro, capaci di minimizzare i costi di inventario, stoccaggio, logistica, perché era possibile sapere in ogni momento dove si trovava un oggetto dotato di etichetta RFID. Era fatta di droni per la consegna degli acquisti e di sensori per il fitness: tutte macchine che svolgevano il loro programma. Nessuna ribellione delle macchine, anzi: i non umani eseguivano scrupolosamente i comandi impartiti. Niente di nuovo rispetto ai sistemi precedenti, ma più veloce e meno controllabile, con imprevedibili effetti. Un errore nel codice di una telecamera IoT poteva ripercuotersi sull’intera rete.

La parola all’hacker

Se avete voglia di farvi un giro nei meandri dell’Internet delle cose, un buon punto di partenza è SHODAN, un motore di ricerca che permette di cercare i bug dei dispositivi intelligenti, ma anche semplicemente di sapere chi sta usando il vostro dispositivo intelligente nel mondo, e come.

https://www.shodan.io/