Wi-fi pubblici molto aperti

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Elisa amava lavorare fuori dall’ufficio. Nei bar, ma anche e soprattutto mentre si spostava: in treno, in autobus, in aeroporto. Molte compagnie offrivano la connessione in volo: era ora, assurdo rimanere scollegati dal mondo per ore solo perché ci si trova a diecimila metri d’altezza!

Quella mattina aveva passato quasi un paio d’ore in un baretto non lontano da casa. La rete Wi-Fi non era affatto male, piuttosto veloce, e le piaceva il movimento intorno. Aveva consultato la posta elettronica, quindi una carrellata sui social, e da lì un link dopo l’altro aveva visitato parecchie pagine web.

Aveva scritto diversi post e modificato alcuni vecchi articoli. Si occupava della gestione dei contenuti per un paio di grosse aziende, pubblicava parecchio, sia per lavoro che per piacere.

Le risultava abbastanza difficile distinguere in maniera chiara le due cose. Certo, aveva mail di lavoro e mail personali, un numero professionale e uno privato, account social aziendali e profili solo per la sua cerchia intima. Cercava di non mescolare tutto. Ma in ogni sua attività, essere informata sulle ultime tendenze era una necessità più che un optional.

Appuntamento dall’altra parte della città. In motorino riceveva le notifiche e parlava in tutta sicurezza grazie al suo auricolare bluetooth, collegato allo smartphone. Si era fermata per far miscela, e per chiamare sua sorella, che viveva in Brasile. Grazie a uno dei molti hot-spot installati in città dal comune, era riuscita a connettersi via Skype, non aveva speso un centesimo e aveva potuto vedere in faccia la sorellina. Viva le reti aperte!

Era arrivata in perfetto orario al suo appuntamento, nonostante il traffico e la fermata imprevista. Ovvero in anticipo: perciò si era accomodata per un po’ di anticamera. Ne aveva approfittato per dare un’occhiata alle ultime notifiche. Il suo smartphone si era connesso automaticamente alla rete locale. Perché consumare il suo traffico quando poteva usare quello altrui?

«Buongiorno, mi scusi per l’attesa», Elisa ebbe un sobbalzo, immersa com’era nel suo mondo. Un uomo sulla quarantina, sportivo, le indicava una porta in fondo al corridoio. Finalmente. Discussero del progetto che stavano lanciando in quella filiale, degli obiettivi che volevano raggiungere. Elisa registrava con il telefono, e contemporaneamente prendeva appunti con il portatile. Nel giro di una mezz’ora aveva raccolto tutto il necessario. Poteva lavorarci anche quella sera stessa. Era il momento di un piatto caldo, aveva preso un bel po’ d’aria nel tragitto. Aveva notato un’osteria giusto all’angolo della strada che faceva al caso suo, menu fisso e free Wi-Fi.

Mentre pranzava, scorreva distrattamente il profilo di qualche amico di amici di amici. Improvvisamente un tipo si materializzò dietro di lei

«Dunque ti piacciono molto i cani a pelo lungo, vero?», interloquì improvvisamente il nuovo arrivato «Anche a me. Peccato non poterli portare il weekend prossimo alle follie notturne di Ibiza! Là fa troppo caldo per i nostri amici a quattro zampe.». Elisa era rimasta di sasso. Come faceva a sapere della sua passione per i cani, quello? E del suo fine settimana?

«Dai, allora ci vediamo. Ti ho mandato una mail. Fammi sapere! Sei sempre in giro di qua e di là, non è facile starti dietro, fortuna che ci sono i GPS! Ah: cambia la password del tuo conto online. È pericoloso lasciarla uguale a quella della tua mail personale e del tuo account Facebook, non credi? Da anni!»

A questo punto Elisa era seriamente preoccupata. Lo sconosciuto si era dileguato, lasciandola in uno stato confusionale. Mentre se ne andava, le aveva strizzato l’occhio e le aveva lanciato una specie di ammonimento, «occhio alle reti Wi-Fi!». Quindi era certo, quello la spiava, e forse anche altri la spiavano, controllavano ogni sua mossa, ma come? Avevano letto la sua posta elettronica? Avevano spiato le sue comunicazioni private? E persino il suo conto corrente non era al sicuro! E le sue foto, i suoi documenti, tutto era in pericolo! Cosa poteva fare, ora?

Dietro le onde

Davvero utilizzare i Wi-Fi pubblici era rischioso?! Certo che sì. Innanzitutto, dal momento che gran parte degli hotspot wi-fi pubblici non erano protetti da password personali, chiunque si trovasse a «sniffare» la connessione poteva facilmente penetrare nei dispositivi utilizzati per connettersi, appropriandosi di dati personali, dati finanziari, foto e via spioneggiando.

Un altro metodo di attacco, appena più sofisticato, era la creazione di hotspot spoof cioè di falsi hotspot per ingannare gli utenti che si collegavano. Una volta effettuata la connessione su questi dispositivi falsi, i propri dati personali erano facilmente nelle mani di malintenzionati.

Un celebre caso di hotspot spoof si verificò nel 2015: i dispositivi utilizzati da tre politici britannici (David Davis, Mary Honeyball e Lord Strasburger) vennero violati dopo che gli incauti proprietari si erano connessi ad Internet (tramite hotspot pubblici malevoli).

La prima cosa che avrebbe fatto un potenziale attaccante sarebbe stato cambiare la password del tuo account di posta elettronica e di dire agli altri servizi che usi che hai dimenticato la password. Molte persone usavano lo stesso indirizzo email per tutti i loro servizi. Quelle nuove password sarebbero state inviate alla tua posta elettronica, cosa che avrebbe permesso all’attaccante di riceverle e di averle a sua disposizione.

Così la decisione di provare a collegarsi a una rete Wi-Fi pubblica in un bar e consultare la posta elettronica si poteva trasformare in un vero e proprio disastro: molto rapidamente si potevano ottenere i dettagli del tuo account di posta elettronica, del tuo conto corrente online, di Facebook e di altri servizi online.

E tutto questo senza considerare che il Wi-Fi pubblico stesso poteva essere offerto da uno Stato ansioso di spiarci, in particolare quando si viaggiava in Paesi in cui la libertà d’espressione era più di facciata che reale; oppure da una multinazionale o altra società altrettanto interessata a tenerci d’occhio.

I consigli della hacker

  • Non lasciare che il dispositivo possa connettersi automaticamente a hotspot pubblici
  • Eliminare i punti di accesso Wi-Fi pubblici quando si ritorna a casa
  • Non effettuare l’accesso ad applicazioni e siti sensibili durante il viaggio
  • Controllare con il fornitore di servizi pubblici (hotel, bar, villaggio vacanze e così via) che la rete a cui si accede è davvero di loro proprietà e non creata per ingannare l’utente
  • Essere consapevoli dell’ambiente circostante perché chiunque potrebbe cercare di sbirciare dietro le spalle mentre digitiamo le nostre password e accediamo ai nostri account
  • Utilizzare una password diversa per ogni account
  • Per i computer portatili, disabilitare la condivisione di file e attivare il firewall per bloccare le connessioni in entrata
  • Se possibile utilizzare una rete VPN (Virtual Private Network) che permette la connessione anche su reti Wi-Fi pubbliche
  • Utilizzare un router portatile con una carta SIM prepagata per crearsi la propria rete Wi-Fi personale
  • Utilizzare uno smartphone personale come hotspot Wi-Fi per crearsi una rete più sicura
  • Connettersi, dove è possibile, a siti con indirizzo HTTPS* e controllare che i certificati siano validi (lucchetto verde sulla barra dell’indirizzo del sito)

Guardare la luna e non il dito

L’idea della connettività continua, senza interruzione, è un’illusione. Vi sono molti passaggi, molti intermediari e strati in ogni connessione; vi sono innumerevoli protocolli da rispettare per poter stabilire e mantenere una connessione, ovvero altrettanti accordi da negoziare nelle interazioni fra macchine e umani.

Ognuno di questi passaggi presenta vulnerabilità, criticità e punti di forza, ma senz’altro anche possibili attriti. L’automazione frictionless, «senza frizioni», è una chimera pericolosa, perché maschera i continui contatti necessari per interazioni efficaci. Vagheggia di flussi disincarnati, senza interruzioni né conflitti: flussi di merci, persone, denaro, identità. In una prospettiva più ampia, invita alla delega cognitiva come abitudine comportamentale, che diventa delega dell’organizzazione sociale.

La banale realtà è che, in un mondo dominato da forme più o meno liberali di capitalismo, paghiamo il fatto di essere sempre online con la nostra privacy. Prima di collegarsi a qualunque rete Wi-Fi disponibile gratuitamente, chiediamoci a cosa ci serve davvero.