Incontri online

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Fabrizio era sempre stato un tipo piuttosto timido. Non al punto di balbettare quando una ragazza gli rivolgeva la parola, ma di certo non era mai riuscito a mostrarsi disinvolto. A dirla tutta, si era sempre sentito un po’ sfigato.

Poi aveva scoperto un’app per incontri. Ci aveva provato così, un po’ per gioco, un po’ per noia, un po’ per curiosità. Ci voleva coraggio ad abbordare una donna. I suoi amici erano sempre così sicuri di sé, o quanto meno fingevano bene. A lui invece serviva tempo per pensare a cosa dire, non aveva mai avuto la battuta pronta. Invece lì, nell’apparente anonimato della Rete, gli riusciva di imbastire qualche battuta brillante. Si era costruito un profilo intrigante, selezionando le sue migliori foto su Facebook. Non era obbligato a guardare negli occhi gli oggetti del suo desiderio, non doveva reagire al volo.

Alle prime risposte erano seguiti i primi appuntamenti, e le prime avventure. Era facile, ma non tanto da annoiarlo. Era diventato un esperto, aveva tutte le app d’incontri esistenti, quelle per fare sesso e basta, quelle più psicologiche come OkCupid, quelle basate sulla geolocalizzazione come Happn. Provava una certa curiosità per Grindr e altre applicazioni dedicate ai gay, che pareva fossero molto più esplicite di quelle per gli etero. Per non parlare di quelle per esperienze sadomaso. Ma non le aveva mai provate.

Appena si svegliava, per prima cosa controllava il telefono per vedere se una nuova ragazza gli aveva scritto. La sua app preferita era ancora Tinder, la percepiva come la pasta: pomodoro o pesto, olio o burro, e vai sempre sul sicuro.

Era diventata una piacevole routine. Mentre andava al lavoro passava in rassegna i vari profili delle ragazze che l’applicazione gli mostrava: pollice sullo schermo, musica nelle orecchie. A ogni match, cioè ogni volta che il suo profilo veniva giudicato interessante da una ragazza, Fabrizio scriveva subito lo stesso messaggio standard e aspettava.

I numeri erano notevoli. Inviava circa cinquanta messaggi al giorno, per moltiplicare le possibilità. Otteneva in media una decina di match. E finiva a letto con un paio di ragazze, una ogni due-tre giorni. I suoi amici non capivano come ci riuscisse, trovavano faticoso e persino destabilizzante questo suo «secondo lavoro» di appuntamenti continui, selfie su Instagram che venivano selezionati per quella specifica ragazza incontrata su quella particolare app.

Rimaneva il fatto che l’esplosione degli smartphone aveva coinciso con l’esplosione della sua vita sessuale. Fabrizio sapeva bene di essere dipendente dalle app per le sue relazioni, e non era certo di essere in grado di avere relazioni di più lunga durata.

Fabrizio non era il solo. Milioni di donne e uomini in tutto il mondo si affidavano sempre più alla relativa facilità delle «relazioni d’asporto». Relazioni toccata e fuga, che però potevano diventare anche tutt’altro. Le relazioni nate online erano ormai circa un terzo del totale in Italia, nel nord Europa parecchie di più.

Oltre alle app, c’erano siti d’incontri per tutti i gusti, romantici e raffinati, solo per gente sposata come il famigerato Ashley Madison, hard, soft e «tutti i frutti». Per ragazze timide e per donne mature e molto spigliate. Per relazioni sadomaso a distanza, in cui il dominante ordinava al sottomesso ogni dettaglio della sua giornata, lo controllava tramite sensori applicati alle parti intime, e poteva inviare foto e altre testimonianze dei suoi tradimenti per farlo soffrire. Per relazioni platoniche, per relazioni orientate alla meditazione a distanza, per relazioni multiple.

Alcuni esigevano la compilazione di form molto dettagliati per aumentare le possibilità di match tramite una profilazione estremamente accurata. Altri erano dedicati solo a sottogruppi particolari, per esempio solo per immigrati peruviani a Milano, bangladesi a Roma, pakistani di seconda generazione nell’East London, maliani nella periferia nord-est di Parigi e così via. Alcuni erano a pagamento, altri erano del tutto gratuiti, o almeno in parte. Tutti necessitavano di un certo apprendistato. Bisognava seguire le regole, imparare a mostrare ciò che era utile per ottenere il risultato desiderato, quattro chiacchiere in compagnia di uno sconosciuto in un bar o una serata di sesso.

I giapponesi erano specializzati in servizi a pagamento per noleggiarvi l’amico o l’amica ideale. Tinder aveva lanciato la versione social della famosa app, per aiutare le persone a organizzare le loro serate in gruppi da due a quattro.

Al di là delle considerazioni di gusto, era chiaro che tutti gli aspetti della nostra vita erano ormai stati digitalizzati: su Internet si comprava di tutto, grazie alla Rete si diffondeva il proprio profilo professionale, si otteneva lavoro, si saliva in auto con sconosciuti per un viaggio breve o lungo, si andava in vacanza a casa di gente incontrata grazie alla mediazione degli schermi. Le conversazioni erano un flusso ininterrotto di interazioni sempre più rapide e brevi, costellate di emoticon standard. La percezione diffusa era che Internet avesse invaso ogni aspetto della nostra vita: perché non accettare che invadesse anche le nostre relazioni, e che se ne prendesse cura?

Capire

Nella frenesia di un mondo in cui ci viene richiesto di «essere all’altezza», instaurare una relazione può rivelarsi un’impresa difficilissima. Persino un incontro occasionale può essere impossibile, soprattutto se si è timidi e se non si ha grande fiducia in sé stessi. D’altra parte, il consumismo si è infiltrato anche nelle relazioni interpersonali. I sistemi di dating, per creare appuntamenti, utilizzano le informazioni fornite dall’utente per creare dei profili e da qui instaurare dei match, delle corrispondenze possibili con profili di altri utenti. Ciò significa che tendono a farci incontrare persone che dicono di soddisfare i requisiti che noi abbiamo esplicitamente affermato di cercare.

Questo carattere di «corrispondenza algoritmica», cioè basata su algoritmi che selezionano fra gli utenti quelli più adatti a incontrarsi fra di loro, si basa su un presupposto preciso per quanto non esplicito: che sappiamo cosa cerchiamo. Il che può essere vero, ma può anche essere assolutamente falso, o abbastanza lontano dalla verità. Le persone che incontriamo senza la mediazione di un algoritmo non sono state pre-selezionate, ma d’altra parte capita che siamo colpiti da elementi che non siamo bene in grado di definire. Perciò non è detto che sapere in anticipo i gusti e le preferenze di qualcuno sia un ingrediente essenziale per stabilire una connessione.

Buone pratiche

Ragazze e ragazzi, uomini e donne, etero e omo, chi ama questo e chi odia quell’altro… non siamo tutti uguali. Tutti siamo diversi, per fortuna. Le buone pratiche dipendono da cosa vogliamo ottenere, e da chi siamo. Alcuni suggerimenti sono analoghi per tutti, altri chiaramente differenziati. In generale, se proprio avete deciso di provarci, non saremo noi a fare i moralisti. Il proibizionismo non ci appartiene, l’accortezza sì. Perciò abbiamo raccolto alcune indicazioni:

  • A ogni iscrizione a un sito per il dating online, a ogni registrazione su un’app per appuntamenti seguono molti contatti. Sono in molti a caccia. La selezione è fondamentale: forse può sembrare brutale, ma ci vogliono criteri di selezione. Quindi qualche consiglio: foto, provenienza, età e interessi, potrebbero essere i primi filtri.
  • Molti sono in cerca di storie occasionali. E però capita di trovare l’anima gemella.
  • Chiunque tu sia e con chiunque tu abbia il primo appuntamento, pensa alla tua sicurezza. Incontratevi in un luogo pubblico, informa amici di fiducia di dove sei, e ogni tanto fai un cenno per confermare che è tutto ok.
  • No alle foto hot. O sono superflue o sono di cattivo gusto o danno un’idea sbagliata: o inutili, o nocive.
  • Non inserire informazioni troppo dettagliate sul tuo profilo. App o siti d’incontri per adulti sono imprese a scopo di lucro: è meglio non sappiano la tua professione, dove abiti e qual è il tuo numero di telefono.
  • Fidati del tuo istinto. Se qualcosa non ti convince, scompari.
  • Può capitare che qualcuno si spacci per qualcun altro. Lei o lui potrebbe essere davvero come appare nelle foto, ma anche no. Attenzione alle delusioni.
  • Non sei uno sfigato o una sfigata. Stai soltanto sfruttando un modo in più per trovare l’anima gemella. Oppure solo per trovare un po’ di sano divertimento. Ricorda però che esagerare è sempre rischioso.
  • Consumare le relazioni come fossero snack può diventare una vera e propria patologia.

La parola alla SEO manager

Il nickname è un elemento fondamentale. Le probabilità di avere un incontro nella vita reale aumentano se il nickname scelto è abbastanza giocoso, se richiama caratteristiche fisiche per le donne (come il classico «bionda») o di personalità per gli uomini (come «colto») e soprattutto se… l’iniziale cade nella prima metà dell’alfabeto. Cosa rende una «A» più affascinante di una «Z»? Semplice: i motori di ricerca. Spesso, infatti, i risultati di una ricerca vengono ordinati alfabeticamente, e chi finisce in basso alla lista ha meno possibilità di essere notato.

A questo va aggiunta l’idea, a quanto pare basata anche su alcuni studi scientifici, che nomi che iniziano con le prime lettere nell’alfabeto si associno anche a status economici e livelli di istruzione più alti, e che siano così, in qualche modo, una misura di successo. In che modo è tutt’altro che chiaro. Ma gli studi sono in corso. Un approfondimento accademico si trova nella ricerca pubblicata su Evidence Based Medicine http://ebm.bmj.com/content/20/2/48.full.pdf+html