Tradita dallo smartphone

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Nei traslochi, si sa, ci sono ingredienti indispensabili per una buona riuscita. Muscoli, senz’altro: mobili e suppellettili non si spostano da soli. Ma anche delicatezza, per non lasciare segni sugli oggetti: la forza bruta, da sola, non è sufficiente. Ultimo ingrediente, assolutamente essenziale: è necessaria un’organizzazione impeccabile. Organizzazione logistica e delle procedure, da pianificare nei dettagli. Prima la cucina o prima il salotto? Si svuota subito la vetrina del nonno, oppure alla fine? Sono scelte.

Ambra ripercorreva i passi già effettuati, spuntando le varie liste TODO sull’apposita applicazione del suo smartphone. Un vero assistente personale, inseparabile. Insieme al suo fido organizzatore digitale, si preparavano al peggio. Ormai erano nella fase calda del trasloco. In pieno guado: metà della roba da una parte, metà nella casa nuova. Quello che la preoccupava soprattutto erano gli amici coinvolti. In fondo, non erano dei professionisti, a differenza dei ragazzoni inviati dalla «ISI traslochi, Cose di Casa dal 1910». E poi…

WhatsApp! «Siamo tutti qui sotto, saliamo. P.» «Ok» Un rumore familiare alla porta. «Ciao tesoro, siamo arrivati». Petra era già di ritorno, in anticipo dal lavoro, e segnalava alla compagna che era in compagnia di Luca e Marco, due vecchi amici. Braccia disponibili!

«Grazie di essere venuti così presto», disse Ambra.

«Figurati, sai che è un piacere», rispose Luca.

«Sempre!», aggiunge Marco.

«Qualcosa da bere?», propose Ambra.

«No grazie siamo a posto.», replicò Luca.

«Però, bella casa. Peccato lasciarla.», fece Marco.

«Ah già, a furia di stare a Londra è la prima volta che vieni a casa nostra! E invece noi siamo passate a trovarti! Però hai visto quella nuova: è molto più luminosa!», intervenne Petra.

E via al lavoro. Ambra dirigeva, naturalmente.

«Ecco, sollevate da qui… Bravi… Attenzione alla porta! Perfetto. Ascensore.»

Poi venne l’ora degli scatoloni, diligentemente accatastati all’ingresso.

«Accetterei volentieri un bicchiere d’acqua, adesso», disse Marco.

«In arrivo, ho preparato le quattro sedie che ci rimangono di là in veranda», Ambra era proprio la regina di casa.

«Avete già studiato la strada più breve, a quest’ora c’è ancora traffico, e mi pare che ci fosse uno sciopero della metro, ci sarà un caos», s’interessò Ambra.

«Ci penso io», disse Marco. Zac! In un attimo era online. Il percorso migliore era presto indicato. Perfetto.

«Ma non avevi una SIM inglese, prima ti ha succhiato tutto il credito per scaricare due mail in roaming, adesso giochi con le mappe?», si stupì Luca.

«Ma no, è il wifi», disse Ambra. «Il wifi? Ma c’è una password lunga un chilometro!», notò Petra…

Già. Com’era possibile che Marco avesse indovinato la password del wifi? Miracoli dei telefoni inglesi? Una falla? Un’applicazione per craccare password? Ma no, ci aveva messo una frazione di secondo, aveva fatto quel tipico «blip», reti disponibili conosciute, connetti automaticamente. Ma allora…

Calò un imbarazzato silenzio, si poteva quasi sentire il rumore dei ragionamenti che ognuno faceva per conto suo.

«Ah già che curioso, funziona il wifi. Strano. Non me ne sono neanche accorto», abbozzò Marco.

Petra intanto pensava. C’era una sola spiegazione. Marco era già stato a casa loro. Si era già connesso alla rete wifi, con la password lunga un chilometro segnata sotto lo scatolotto, il router insomma. Ma come era possibile?

«Ma la rete qui cos’è, Vodafone?», chiese Marco. «No, mi sembra Telecom, vero tesoro?», replicò Petra. Ambra si affrettò a confermare, sì certo, lo sapeva bene, era lei che si occupava di tutte le faccende di bollette, tra le altre mille incombenze.

«Ah, ecco spiegato il mistero. Mi sono agganciato a una rete libera Vodafone, sarà un vostro vicino poco attento alla privacy!». Mmm. Ok. Ok.

Più tardi, Petra provò a cercare quella famosa rete aperta. Perché non ricordava di averla mai notata. E infatti non c’era nessuna rete Vodafone aperta. Il dubbio di prima era diventato una certezza. Marco era già stato lì, e a lungo. Con la sua compagna!

Capire

I nostri smartphone sono una vera e propria miniera di informazioni. A volte si «tengono a mente» anche cose di cui noi ignoriamo l’esistenza. Non c’è nulla di disdicevole nel nostro desiderio di vedere questi gioielli tecnologici reagire a ogni nostro tocco, anzi a ogni nostro sguardo, sempre più rapidamente. La crescente automazione non è un miracolo, ma dipende strettamente dai dati memorizzati nei nostri dispositivi. Spesso ci rende la vita più facile. Ma a volte ci mette anche in situazioni difficili, compromettendo persino la nostra sicurezza. Maggior automazione significa quasi sempre minore capacità di organizzazione autonoma.

Il nostro smartphone può diventare molto loquace se lasciamo sempre il Wi-Fi acceso, anche se non siamo connessi a nessuna rete. Grazie al suo indirizzo MAC (un numero unico di identificazione della nostra interfaccia Wi-Fi), ci permette di tracciare ogni nostro movimento virtuale, ma anche fisico, senza l’intervento del nostro GPS.

Già nel 2016 i ricercatori del Politecnico di Losanna avevano potuto utilizzare questo tipo di dati (anche se li aveva resi anonimi) per studiare le abitudini alimentari degli studenti del loro campus. Erano stati in grado di ottenere statistiche su ciò che aveva determinato la scelta di un particolare ristorante o snack bar (vicinanza, prezzo, tempo di attesa e così via).

Google, per citare il solito noto, utilizza questa tecnica anche per scopi di geolocalizzazione. Quindi se da una parte è facile determinare dove ti trovi, la storia delle reti a cui ti colleghi rivela i tuoi movimenti e le tue abitudini. Dice molto anche sulle tue frequentazioni.

E se vogliamo mantenere un minimo di riservatezza, è meglio prendere alcune precauzioni, anche se può essere faticoso o noioso.

Buone pratiche

  • Quando ci si connette a una rete, è una buona norma dare un’occhiata ai suoi termini di utilizzo per avere un’idea di quali dati vengono raccolti, per quanto tempo vengono memorizzati e per che cosa vengono utilizzati. Se queste condizioni sono troppo invadenti, lasciate perdere!
  • Disattivare la funzione Wi-Fi (ma anche bluetooth o altri sistemi di connessione) quando non lo utilizzate. Risparmierete anche la vostra batteria.

Un po’ di tecnica

  • «Dimentica» le reti a cui sei connessa: cancellale dall’elenco delle reti note del tuo dispositivo.
  • Regola la geolocalizzazione, controllando quali app hanno accesso alla tua posizione.
  • Ricorda che gli smartphone offrono molte meno possibilità di intervento e personalizzazione rispetto ai computer. Un esempio per tutti: può capitare di non riuscire ad accedere a un sito web perché questo è automaticamente bloccato per ragioni tecniche o legali. Un accorgimento spesso risolutivo consiste nel cambiare gli indirizzi dei DNS (Domain Name Server) del computer, un’operazione piuttosto semplice. Si modifica così il modo in cui vengono risolti gli indirizzi HTTP/S e si sperimentano per così dire nuove vie per raggiungere l’indirizzo bloccato. La stessa operazione sugli smartphone è invece complicata o addirittura impossibile.